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a cura della Dott.sa Martina Taurone dello Studio Legale Pasquazi & Partners – Roma-Cave-Tivoli

In questi ultimi tempi si è molto parlato delle controindicazioni dei vaccini anticovid.

Con la sentenza 1222 del 10 maggio 2021 la Terza sezione Civile della Corte di Cassazione ha sancito un importante principio di diritto in tema di responsabilità del produttore per i danni causati da un farmaco cosiddetto “difettoso”

La vicenda iniziava anni fa con una domanda di risarcimento, proposta davanti il tribunale di primo grado, contro una nota casa farmaceutica, per i danni fisici subiti da un paziente che aveva assunto per un cospicuo periodo di tempo un farmaco da essa prodotto.

Il giudice di primo grado nominava un Consulente Tecnico di Ufficio medico legale per accertare se i danni amentati dal paziente fossero riconducibili all’assunzione prolungata del farmaco.  Il perito del tribunale, all’esito degli accertamenti eseguiti, confermava come le patologie insorte fossero direttamente causate dall’assunzione della medicina in questione.

Sula scorta di tali accertamenti il tribunale di primo grado condannava la casa farmaceutica al risarcimento del danno in favore del povero malcapitato.

Avverso la decisione la casa farmaceutica interponeva appello. Anche la corte territoriale confermava la sentenza di condanna.

A questo punto la società proponeva ricorso in Cassazione.

I Supremi Giudici in primo luogo hanno ritenuto qualificare cosa si intenda per “prodotto difettoso” collegandosi all’art. 177 del vigente Codice del Consumo. Di conseguenza è stato dichiarato come non ogni prodotto genericamente insicuro sia da definire difettoso ma esclusivamente  quello che non raggiunga lo standard di sicurezza che il consumatore può legittimamente attendersi, in relazione ad una pluralità di elementi, quali le modalità con cui è stato messo in circolazione, la sua presentazione, le sue caratteristiche estrinseche, le istruzioni o avvertenze fornite dal produttore ai consumatori e l’uso cui lo stesso è destinato (Cass. n. 29828/2018).

Il concetto di sicurezza del prodotto, pertanto, appare strettamente connesso alle ipotesi di assenza o carenza di istruzioni ed è differente da quello di vizio del prodotto, di cui all’art. 1490 c.c., che può invece coincidere anche con un’imperfezione, che non ne determini la pericolosità per il consumatore.

Secondo la Corte, inoltre, il solo verificarsi di un danno non è necessariamente indice di pericolosità del prodotto, da cui possa derivare la responsabilità del produttore, essendo, a tal fine, necessario l’accertamento del mancato raggiungimento dei livelli minimi di sicurezza imposti dalla legge o richiesti dall’utenza (Cass. nn. 13458/2013 e 25116/2010).

Partendo da tali assunti la Suprema Corte ha sancito che  la responsabilità da prodotto difettoso costituisce un’ipotesi di responsabilità presunta, che impone al danneggiato di provare semplicemente l’esistenza del difetto ed il nesso causale fra quest’ultimo ed il danno subito, mentre al produttore spetta l’onere della prova liberatoria, consistente nella dimostrazione che il difetto non esisteva quando ha messo in circolazione il prodotto.

Nel caso in cui il prodotto difettoso sia un farmaco, per escludere la propria responsabilità non basta che il produttore provi di aver fornito, attraverso il foglio illustrativo, il cd. “bugiardino”, delle generiche avvertenze inerenti la carenza di sicurezza del prodotto, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata informazione, atta a consentire al consumatore di acquisire non solo la generica consapevolezza del possibile verificarsi di danni, ma piuttosto la concreta possibilità di valutare correttamente il rapporto fra i rischi e i benefici del farmaco, così da potersi esporre al rischio in modo consapevole e volontario e da poter adottare tutte le possibili precauzioni.

Dott.sa Martina Taurone