Progettare stanca
Noi genazzanesi (o almeno molti di noi) non conosciamo le ragioni che impediscono all’amministrazione Cefaro di dare avvio ai lavori di via Garibaldi secondo l’annuncio perentorio dei primi di settembre dell’anno appena terminato. Non conosciamo quelle ragioni perché né il Comune né gli altri enti che abbiamo interessato affinché valutassero i diversi aspetti tecnici e procedurali segnalati come non corretti hanno ritenuto non rispondere alle nostre domande, ovvero hanno risposto evasivamente, ovvero si sono trincerati dietro improbabili esigenze formali. Così va la nostra Italia.
Comunque, ferma restando la eventualità che qualcuno si decida a scoperchiare la pentola delle segnalate violazioni in materia di suddivisione in lotti del progetto Astral e conseguentemente in materia di assegnazione progetti e lavori, quanto occorrerebbe fare per riaprire al traffico la via Garibaldi non è poi troppo complicato nemmeno per un’amministrazione come quella di Genazzano: (1) completare il progetto Astral almeno dell’analisi costi benefici della soluzione alternativa a quella adottata (demolire a spesa pubblica fabbricati valutati come fossero abitabili) consistente nel mantenimento in vita dei fabbricati e, nel caso improbabile la demolizione resti comunque la soluzione più conveniente, (2) completare il progetto esecutivo delle necessarie specifiche tecniche; dal momento che uno dei fabbricati è strettamente connesso con altro fabbricato abitato (condominio via Garibaldi, 10).
A coloro che hanno un qualche interesse a questa storia (fra questi dovrebbero esserci almeno gli abitanti di via Garibaldi) segnalo che nel progetto esecutivo di uno dei due lotti nei quali è stato suddiviso il progetto Astral (Tav. CS05 – Piano di sicurezza e coordinamento) la demolizione del fabbricato adiacente al condominio civico 10 è dichiarata meritevole di attenzione 3 (media) in una scala di 5. Ciò in quanto la probabilità che accada qualcosa di non previsto è pari a 3 (poco probabile) ed il danno, se qualcosa accadesse, sarebbe di livello 5 (gravissimo). Nelle pagine successive dello stesso documento i progettisti si soffermano a fornire “indicazioni generali di merito circa le modalità di demolizione, rimanendo in capo all’impresa esecutrice l’obbligo di fornire in dettaglio le fasi di lavoro …”. Più avanti ci dicono anche che le demolizioni dovranno essere eseguite secondo quanto prescrive l’art. 151 del decreto legislativo 81/08.
Nemmeno un cenno sulla connessione fra fabbricato da demolire e civico 10.
In sintesi, non c’è progetto e non c’è nemmeno una indagine (rilievo, saggi, radiografie …) sulle parti comuni ai due fabbricati.
Eppure i lavori sono stati appaltati. Sulla base, evidentemente, di un’offerta praticamente al buio, almeno per la parte di opera consistente nella demolizione.
A richiesta del condominio la responsabile dell’area competente del Comune ha ritenuto garantire (prot. 6749 del 28 settembre 2023) che “… le operazioni di demolizione … verranno condotte in maniera tale da non interferire con la struttura in muratura dell’edificio (condominio)”.
Come possa tranquillamente dichiararlo senza avere conoscenza delle parti in comune fra i due fabbricati è difficile immaginare.
In Italia chi di noi volesse aprire un vano in una muratura portante dovrà depositare un progetto all’istituto competente, che a sua volta potrà attivare verifiche puntuali. Nel nostro caso a via Garibaldi si provvederà a demolire un fabbricato ancorato ad altro senza eseguire un minimo di rilievo, accertamenti, simulazioni della situazione statica prima, durante e dopo l’esecuzione delle demolizioni.
Mistero.
Evidentemente “progettare stanca”.
Alberto Ciccognani