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“Dovevo andare via subito. Ma mi fermai ancora a guardarla. Era giovane, e bella. Non sapevo se e quando l’avrei rivista. Madre. Quanto è stato duro, e quanto dolore mi è costato voltarti le spalle, partire. Ma dovevo trovare mio padre”.

“Sono nato a Betlemme, trent’anni fa”. Gesù vive a Nazaret con sua madre, Maria, giovane donna e sposa di Giuseppe, un uomo ermetico e taciturno. Più volte Gesù rivive la notte leggendaria della sua nascita attraverso le parole di lei, impegnata a rendergli più sopportabile il calare del buio e i lunghi viaggi a dorso di un’asina. Se da una parte è una storia che suona familiare, dall’altra è quanto di più lontano si possa, o si abbia il coraggio, di immaginare su una delle più grandi vite mai raccontate.
Attraverso un lungo flashback di un Gesù ormai adulto, Calaciura narra un capitolo mai scritto nei Vangeli, immaginato intorno all’esistenza malinconica di un ragazzo segnato da una mancanza.

A quattordici anni, in un’epoca di violenze e carestie, Gesù lascia la sua casa alla scoperta della Galilea, in cerca di suo padre. “Finalmente solo e libero”, ma in un territorio di pensieri e angosce troppo vasto che persino il tempo fatica a restringere. Durante il suo girovagare troverà le disperazioni degli altri uomini, la miseria dell’umanità, conoscerà l’amore, la gelosia, assaporerà il tradimento e il potere del denaro sugli uomini.

Il protagonista di Calaciura è un giovane alla ricerca di se stesso in un mondo ostile. È un adolescente, poi un uomo, umano tra gli umani, la cui personalità è contraddistinta dall’inquietudine, ma anche dalla propensione alla generosità e al sacrificio, a cui si lega il presentimento di un destino di esilio e solitudine. Maria sembra essere l’unica a sapere che suo figlio è destinato a grandi cose, e questa sua capacità di custodire un mistero – attribuitagli dall’autore – è uno degli elementi che consentono di rimandare una lettura chiara e definitiva del libro, per lasciare spazio all’immedesimazione, ma anche al gioco e al confronto con le informazioni in possesso su una storia già nota.

Il romanzo di Calaciura racchiude in sé l’ordinario nello straordinario, a partire dal linguaggio: naturale ed elegante. Segue la naturalezza con cui si è portati a riconoscere gesti e sguardi quotidiani, la curiosità e la paura di deludere le aspettative. Se l’inizio della narrazione appare familiare, il prosieguo è parte della nostra vita. Grazie all’abilità dell’autore di inserire personaggi che compiono azioni diverse da quelle che tutti ci aspettiamo, Io sono Gesù è una storia in divenire che si presta a diverse letture, una delle quali prende il via proprio a partire dal finale.